L’altro lato del mondo

La sensazione è simile a quella di una rana dentro un pentolone. Ci è nata lì dentro, ha da sempre nuotato in quell’acqua, vicino a rane come lei. Le ha sentite spesso vantarsi di quanto sia piacevole e speciale il calore della loro acqua, non come quello di tutte le altre. La rana non riesce a saltare, da sola può solo nuotare. Le è stato spiegato che è giusto così, la vita da rana senza salti la vivi meglio, è più sicura, è più comoda. Rischi di cadere fuori dal pentolone. Nessuno sa cosa c’è al di fuori, meglio non rischiare.
Tutto il giorno osserva le altre rane divertirsi con le bollicine che sempre più velocemente raggiungono la superficie. Di nuovo le sente gridare di gioia: “Ma che fico! Pare una jacuzzi!”

E allora la rana gioca con i girini e li vede adattarsi a quel mondo spiegato dalle rane adulte. C’è però una profonda differenza tra i due. Quando i girini diventeranno rane non potranno più scegliere se saltare o no, perché a quel punto le bolle saranno troppo grandi. Allora non ci sarà più spazio né per le rane, tantomeno per i nuovi girini, perché le bolle avranno preso il loro posto. 

Ho sempre usato le parole per descrivere queste dinamiche – solo ed esclusivamente da quando tutto il resto non riuscivo più a descriverlo – ogni volta che il mondo non mi faceva sentire al sicuro. Non esisteva nient’altro che la realtà che mi circondava, e tutto quello che si metteva tra me e lei non aveva buoni fini, puntava solo a distrarmi, a deviarmi. Lì mi rifugiavo, nei miei limiti, e non avevo nessuna intenzione di superarli.
Per difendermi dalle gabbie del mondo ho iniziato a costruirne una mia. Ho iniziato a desiderare di non averne più bisogno.

Una vibrazione mai sentita prima è arrivata e mi ha avvolto, mi ha mostrato strade, vicoli e quell’invisibile che non avevo mai avuto il coraggio di osservare, e forse anche capire. La vibrazione era così intensa da riuscire a distruggere la gabbia, è stato come respirare per la prima volta, quanta euforia a vivere il mondo dentro quella sensazione. Mi son sentita nuda, senza più quella protezione fittizia, e d’istinto ne ho cercata una nuova. Ma non era una nuova protezione quello di cui avevo bisogno. Dovevo innanzitutto imparare a gestire tutti gli impulsi che vengono dall’esterno e dall’interno: la luce, i rumori, le emozioni e l’ego. Sembrava di stare su una montagna russa.
La vibrazione è diventata la prova di quello in cui non riuscivo più a credere. 

Ancora non so se so descrivere tutto questo. Il percorso di crescita è lungo, sembra una continua prima volta.
Nel tanto che imparo ed il mondo cerca di distrarmi ho capito una cosa. Qualunque cosa avvenga la musica non smette mai di vibrare.

Ancora 30 anni

Abbiamo ancora 30 anni per ignorare tutto ciò che ci circonda. 30 anni per pensare esclusivamente ai nostri bisogni e a ciò che ci appaga il più velocemente possibile.
10.950 giorni passati a scegliere ciò che è più comodo, bello e buono. Tutto ciò che ci fa sentire esteticamente accettati, ricchi e che soddisfi la nostra costante sete di approvazione. Sembrano un sacco di giorni vero?
Comprare per riempire quel buco nero che risiede in ognuno di noi.
Chi fa l’offerta migliore vince e a noi dà la possibilità di possedere tutto il necessario per esorcizzare quella pressione lavorativa, familiare e sociale che la realtà costruita ci richiede costantemente, a volte anche mentre dormiamo. 
30 anni dove possiamo ancora usare i nostri escamotage cerebrali che filtrano e ignorano una realtà ben troppo estenuante da capire. Escamotage che ci permettono di continuare a vivere la nostra routine su un filo sottile che dondola tra il nostro bene e il nostro male. Tutti hanno bisogno della normalità, tanto cosa possiamo fare? Il pochissimo tempo che ci rimane non ci permette di porre attenzione sugli effetti che provocano le nostre azioni e le nostre scelte. 

Dopodiché, quando compirò 56 anni, la temperatura della Terra raggiungerà i 3 gradi centigradi e in quel momento l’essere vivente più intelligente del pianeta sarà riuscito a distruggere in pochissimo tempo centinaia di migliaia di anni d’evoluzione. 

Questo è lo scenario che emerge dal report realizzato dal Breakthrough – National Centre for Climate Restoration, centro di ricerca ed innovazione australiano.

Gli autori del documento, David Spratt, direttore della ricerca del centro Breakthrough e Ian Dunlop, membro del Club of Rome, ex Senior Executive di Royal Dutch Shell che in precedenza ha presieduto l’Australian Coal Association, hanno affermato che i calcoli sui rischi del riscaldamento globale contenuti negli accordi di Parigi* non tengono in considerazione il meccanismo di “long term carbon feedback” attraverso il quale il pianeta tenderebbe ad amplificare i mutamenti climatici in senso negativo. Questo vuol dire che i tempi di riscaldamento globale si accelererebbero, portando la temperatura della Terra a +3 °C non nel 2100, bensì nel 2050, con effetti devastanti per l’umanità. Chiaramente tutto questo se non verrà preso nessun tipo di provvedimento rispetto ai continui rilasci di gas serra e inquinanti nell’atmosfera. Scelte che non possono più essere rimandate.

*In occasione della Conferenza sul clima tenutasi a fine 2015 a Parigi è stato stipulato un nuovo accordo sul clima per il periodo dopo il 2020 che, per la prima volta, impegna tutti i Paesi a ridurre le proprie emissioni di gas serra. In tal modo è stata di fatto abrogata la distinzione di principio tra Paesi industrializzati e Paesi in via di sviluppo.

Entrando nei dettagli del report, cosa succederebbe se continuassimo a vivere la rivoluzione industriale come è stato fatto negli ultimi 200 anni?
I risultati sono difficili da credere perché profondamente drammatici. Oppure difficili da credere perché non abbiamo mai riflettuto concretamente sul significato e sulle conseguenze del termine “risorse limitate”.

La Terra si riscalderà abbastanza da far collassare buona parte degli ecosistemi terrestri. Artico, Amazzonia e Barriera Corallina.

La temperatura alta porterebbe a un massiccio scioglimento dei ghiacciai e lo scioglimento dei ghiacciai ad un alzamento del livello del mare. Nel 2050 di mezzo metro. Nel 2100 tra i 2 e i 3 metri.
Inoltre, non dimentichiamoci che i ghiacciai sono i nostri serbatoi d’acqua. Quando si scioglieranno definitivamente, 2 miliardi di persone vivranno una profonda crisi idrica e agroalimentare con conseguente impennata dei prezzi.

A sinistra una foto scattata al Monte Bianco nel 1919, a destra lo stesso monte 100 anni dopo. Con l’innalzamento della temperatura del Pianeta di +1C abbiamo già visto il 50% dei ghiacciai sciogliersi.

Se il trend delle estati più calde continuerà ad essere tale, nel 2050 il 55% della popolazione mondiale sarà soggetta a più di 20 giorni all’anno di ondate di calore letali.

https://ilbolive.unipd.it/index.php/it/news/2016-2019-anni-temperature-record

I terreni non sono esclusi dall’effetto domino ambientale: il 30% della superficie terrestre diventerà arida e la desertificazione coinvolgerà soprattutto le aree dell’Africa meridionale, il Sud del Mediterraneo, parte dell’Asia, Medio Oriente, le aree interne dell’Australia e gli Stati Uniti sud occidentali.
Il pianeta avrà meno terre coltivabili ma una popolazione di 9,7 miliardi di persone da sfamare.

Le regioni più povere che non hanno la possibilità di fornire alla popolazione ambienti raffreddati artificialmente, diventeranno incompatibili con la vita umana. L’Africa occidentale, il Sud America tropicale, il Medio Oriente e il sud-est asiatico saranno investiti da 100 giorni l’anno di calore mortale. E allora sì che gli sfollati non saranno più causati da guerre e profonda povertà, il clima diventerà la prima causa che costringerà più di un miliardo di persone ad abbandonare le proprie case.

Se la mentalità rimarrà uguale a quella odierna non è irreale lo scenario di guerre per l’accaparramento delle ultime risorse terrestri.
Che ci piaccia o no questi sono gli anni della resa dei conti.

Breakthrough – National Centre for Climate Restoration, “Existential climate-related security risk: A scenario approach”, 2019

Bruciare fossili e sostituirli con immondizia a quanto pare non è stata una buona idea. Nemmeno comportarci come esseri viventi estranei al sistema ecologico e al Pianeta che ci tiene in vita.

Ma c’è una bella notizia: il punto di non ritorno lo possiamo vedere ma non lo abbiamo ancora superato. Esiste ancora la possibilità di utilizzare un’energia, degli oggetti e dei sistemi che siano compatibili con la vita sulla Terra. Già sono stati creati da tempo, devono solo diventare la normalità.
Sono veramente tante le cose che potremmo fare, dobbiamo solo iniziare a ritenerle fondamentali per la nostra sopravvivenza. Questo cambio di mentalità dovrà partire dai tre grandi attori della società moderna: consumatore-produttore-legislatore.

In concreto, si potrebbero trasformare i comuni, le cooperative, condomini o famiglie in “comunità energetiche”. Le comunità energetiche sono l’unione di soggetti capaci di produrre, consumare e condividere energia sotto il principio di autoconsumo energetico e autosufficienza, utilizzando impianti che producono energia pulita e rinnovabile, con ricavi e risparmi sia in bolletta che in termini di CO2. Degli esempi di comunità energetica li troviamo in Veneto, in Emilia Romagna, in Puglia, in Piemonte, nella zona alpina di Tirano ma anche in Germania, nel circondario del Reno-Hunsrück, dove la collaborazione di due comuni ha portato a un notevole risparmio di C02: il consumo è passato da 1200 a solo 80 tonnellate l’anno.
Anche riempire le città di alberi aiuterebbe l’assorbimento di CO2.
Gli isolamenti termici per le case potrebbero servire a diminuire il consumo di gasolio e gas, oppure potremo accendere i termosifoni solo quando ne abbiamo davvero bisogno e non necessariamente aumentarli a temperature tropicali.

Potremo iniziare a produrre plastica da materie prime vegetali invece che dal petrolio, soprattutto per quelle plastiche che servono solo a rivestire il prodotto e che, una volta tolte, vengono buttate via.
A chi è affidata la legge potrebbe erogare finanziamenti per sostenere le aziende che producono in modo intelligente.

Evitare di comprare quando siamo tristi o annoiati, non comprare per voglia ma per necessità. Riflettere su quello che si sta comprando, quanti chilometri ha fatto quel prodotto prima di arrivare nelle nostre mani, quali e quanti ingredienti contiene, se sono stati usati pesticidi. Scegliere il prodotto con meno imballaggio. Cercare di comprare il più possibile di seconda mano, soprattutto gli apparecchi elettronici come i cellulari.
Il cervello ci mette un attimo a fare questi ragionamenti se li ritiene importanti, soprattutto se si rende conto che le proprie scelte potrebbero fare la differenza.

Il problema è che tutto questo è ancora ritenuto noioso. È singolare che un essere vivente ritenga noiosa la propria sopravvivenza, ma di contraddizioni l’essere umano ne ha davvero tante.

Ora sappiamo cosa succederà se continueremo a raccogliere senza seminare, non so voi, ma io non ho la minima voglia né di fare il conto alla rovescia, tantomeno di fare la fine dei topi di Calhoun.

Un’importante riflessione è stata fatta dall’ammiraglio in pensione Chris Barrie. Attualmente lavora per il Change Institute alla Australian National University di Canberra e a lui è stato affidato l’introduzione di questo documento:

“I 7,5 miliardi di esseri umani del mondo d’oggi sono la specie più predatrice mai esistita. Oltretutto la popolazione mondiale non ha ancora raggiunto il suo picco: questo potrebbe raggiungere i 10 miliardi di persone con conseguenze disastrose se non avvenissero cambiamenti radicali nei comportamenti umani. […] Come ha detto il mio collega, il professor Will Steffen, della sfida climatica: “Non è un problema tecnologico o scientifico, è una questione di valori socio-politici delle discipline umanistiche. Abbiamo bisogno di un punto di svolta sociale che capovolga il nostro pensiero prima di raggiungere un punto di non ritorno nel sistema climatico. […] Un futuro apocalittico non è inevitabile! Ma senza un’azione drastica immediata le nostre prospettive sono scarse. Dobbiamo agire collettivamente”.

FONTI

https://www.climaterealitycheck.net/

https://www.ilsole24ore.com/art/cosi-2050-civilta-umana-collassera-il-climate-change-ACxDIjU

https://www.globalist.it/science/2019/06/27/l-allarme-degli-studiosi-australiani-la-terra-collassera-nel-2050-per-colpa-del-cambiamento-climatico-2043479.html

https://www.greenreport.it/news/clima/le-foreste-in-fiamme-dellaustralia-sono-il-segnale-che-abbiamo-superato-un-punto-di-non-ritorno-climatico/

https://it.businessinsider.com/linverno-in-australia-scomparira-entro-il-2050-un-tool-sviluppato-da-climatologi-e-designer-lo-mostra-con-chiarezza/

https://www.vice.com/it/article/597kpd/report-breakthrough-cambiamento-climatico-fine-civilta-umana-2050

https://ilbolive.unipd.it/index.php/it/news/2016-2019-anni-temperature-record

https://www.rai.it/dl/doc/1591714763460_comunita_energetica_report.pdf

https://www.youtube.com/watch?v=kMbcj4OlXvQ&t=1860s

https://www.youtube.com/watch?v=NqGMywlk0j4&t=40s

https://www.youtube.com/watch?v=g9fVzw3Cwno

Cresci virgulto nascosto!

Sorgi o fuoco
cospargi queste energie fioche
delle tue fiamme feroci

Scuoti il mio cuore assopito
col sussurro del tuo silenzio

Assaltami e distruggimi
affrontami e straziami

Che le tue alte vampe
divorino il mio roccioso involucro

Cresci o incendio
Inceneriscimi

Questo virgulto nascosto
disgiunto dal resto
si avvicini e cresca
vivace

27/09/2020

Scritta e inviata da Giuseppe Dalla Barba, grande appasionato di storia antica e moderna.

Alda Merini

La luna geme sui fondali del mare,
o Dio quanta morta paura
di queste siepi terrene,
o quanti sguardi attoniti
che salgono dal buioa ghermirti nell’anima ferita.

La luna grava su tutto il nostro io
e anche quando sei prossima alla fine
senti odore di luna
sempre sui cespugli martoriati
dai mantici
dalle parodie del destino.

Io sono nata zingara, non ho posto fisso nel mondo,
ma forse al chiaro di luna
mi fermerò il tuo momento,
quanto basti per darti
un unico bacio d’amore.


Amore che giaci
dentro un’ampolla di vetro
per le ricerche nobili
di chi ha scoperto
il verde delle stagioni,
con gli arabeschi dei prati
abbiamo intesssuto la veste
e giubilando del nulla,
attoniti dentro la fede,
abbiamo gustato il vino
dell’incantevole inganno.


Gli aspetti della morte sono talvolta abnormi,
non dovrebbe passare giorno
senza aggiungere qualcosa
al nostro staio di grano,
da stranieri benevoli e confusi,
ma oggi io non ho dato nulla
perché ospitavo la morte,
la sua sostanza grigia mi ha investito:
una pietra che dava lacrime,
allora ho tremato a lungo
al pensiero di non scrivere più
e poi ho tremato ancora
quando ho cominciato a scrivere.


Lei desiderava un sorriso 
una musica muta
una riva di mare
per bagnarsi
il suo amore impossibile.
I suoi piedi nudi e piagati,
i suoi meschini capelli.
Lei ignorava che il ricordo
è un ferro piantato alla porta,
non sapeva nulla
della perfezione del passato,
del massacro delle notti solitarie
non sapeva che il più grande
desiderio
è un niente
che s’inventa stranissime cose,
e vola come un’idea
verso l’enciclopedia
del Paradiso.
Sogna
su un altare di piombo
e frusta strampalati pupazzi
che non portano mai allegria.


Spazio spazio, io voglio, tanto spazio 
per dolcissima muovermi ferita: 
voglio spazio per cantare crescere 
errare e saltare il fosso 
della divina sapienza. 
Spazio datemi spazio 
ch’io lanci un urlo inumano, 
quell’urlo di silenzio negli anni 
che ho toccato con mano.


E più facile ancora mi sarebbe
scendere a te per le più buie scale,
quelle del desiderio che mi assalta
come lupo infecondo nella notte.

So che tu coglieresti dei miei frutti
con le mani sapienti del perdono…

E so anche che mi ami di un amore
casto, infinito, regno di tristezza…

Ma io il pianto per te l’ho levigato
giorno per giorno come luce piena
e lo rimando tacita ai miei occhi
che, se ti guardo, vivono di stelle.

Thomas Sankara

“Vi porto i saluti fraterni di un paese di 274.000 chilometri quadrati in cui sette milioni di bambini, donne e uomini si rifiutano di morire di ignoranza, di fame e di sete, non riuscendo più a vivere nonostante abbiano alle spalle un quarto di secolo di esistenza come stato sovrano rappresentato alle Nazioni Unite. Sono davanti a voi in nome di un popolo che ha deciso di affermare, d’ora in avanti, se stesso e farsi carico della propria storia senza la minima esitazione

Discorso di Thomas Sankara alle Nazioni Unite. 1984


Thomas Sankara fu il primo Presidente del Burkina Faso, ex Alto Volta.
Alto Volta era il nome dato durante la conferenza di Berlino a un piccolo angolo di terra in Africa assegnata alla Francia.

Appena diventato Presidente, Sankara cambiò il nome in Burkina Faso, così che rispettasse le proprie tradizioni e avesse un significato preciso nella propria lingua: “la patria degli uomini integri’.

Negli anni ’80 Thomas Sankara stava rivoluzionando il Burkina Faso e l’Africa:

(Estratto dal documentario di Silvestro Montanaro “Sankara – …e quel giorno uccisero la felicità”)

Sprechi

“Abbiamo abolito le indennità presidenziali e stiamo riducendo anche gli stipendi dei funzionari statali e dei burocrati. I processi contro i ladri, contro coloro che rubano i soldi del nostro paese, ora vengono fatti e sono pubblici.”

Economia

“Dobbiamo far capire a tutti che i mercati africani sono degli africani. Dobbiamo produrre in Africa, trasformare le nostre materie prime in Africa e consumare in Africa. Dobbiamo produrre ciò di cui abbiamo bisogno e consumare ciò che produciamo, non ciò che importiamo”.

Ogni villaggio, ogni struttura territoriale aveva costruito edifici destinati ad ambulatori, piccoli dispensari, scuole, magazzini per lo stoccaggio dei cereali.

Pari opportunità

“Se a scuola una giovane donna rimane incinta viene espulsa. La escludono socialmente. Nessuno si domanda se quello con cui lei è rimasta incinta, sia anche lui nella stessa classe scolastica. E anche se lo fosse, lui, il ragazzo, non verrebbe espulso, resterebbe lì e potrebbe mettere incinta altre ragazze e avere figli fino al diploma ma la ragazza anche se un giorno prima del diploma aspetta un bambino viene espulsa”.

“Noi dobbiamo fare di tutto per dare ad ogni donna un lavoro, dobbiamo dare ad ogni donna i mezzi per realizzare una vita onesta e dignitosa”.
Tra le prime volte in Africa figurarono delle donne ministro: “Bisogna liberarci dal retaggio feudale, da quella cultura medioevale che ci ha insegnato a considerare l’uomo sempre al disopra della donna”.

Finanza

Sankara era contrario alla restituzione del debito che i paesi africani avevano contratto con finanziatori e paesi esteri per finanziare il loro sviluppo dopo gli anni del colonialismo.

Nel luglio del 1987 tenne un discorso durante la riunione dell’OUA (Organizzazione per l’Unità Africana) ad Addis Abeba. Fece sentire la sua voce contro il debito africano.

Meno di tre mesi dopo questo discorso uccisero Thomas Sankara per mezzo di un intrigo internazionale.

Vasetti yogurt ed interferenti endocrini

La plastica è un materiale complesso, realizzato con petrolio, carbone e gas naturali.

La plastica che conosciamo ha sempre bisogno di additivi, perché necessari a conferirle requisiti fondamentali come il colore, la flessibilità, l’antiossidante e così via.
I composti chimici che si trovano all’interno degli additivi, però, hanno una caratteristica preoccupante: sono sostanze chimiche persistenti. Un tipo di sostanze che non si degradano né nel corpo, né all’aria aperta, né sotto al sole, né sotto l’acqua. Dopo il loro rilascio si diffondono a livello globale attraverso l’aria, l’acqua e la catena alimentare.
Questi composti chimici preoccupano perché sono degli inquinanti organici persistenti capaci di provocare danni alla salute umana e all’ambiente, anche a grande distanza dalla fonte di emissione.

I PFAS, per esempio, sono delle sostanze chimiche che rendono le superfici resistenti ai grassi ed impermeabili all’acqua, infatti sono spesso presenti nella carta che avvolge il burro, nei sacchetti dei popcorn ma anche negli indumenti impermeabili e negli antimacchia per i divani.
Ampiamente usati, sono le sostanze chimiche più persistenti che conosciamo.

Green Peace ha analizzato 40 prodotti utilizzati nelle attività ricreative come sacchi a pelo, corde per arrampicata, zaini, guanti da montagna. Nel 90% dei prodotti i PFAS erano presenti.
Oltre che nei prodotti per le attività ricreative, Green Peace ha trovato i PFAS anche sugli Appennini a 2.000 metri di altezza, nei laghi della Svizzera, nei monti della Slovacchia, Russia, Turchia. A 3.000 metri in Chile, a 5.000 metri in Cina e vicino al Polo Nord.
(Report – L’età della plastica di Claudia di Pasquale, min 0:53:00)

Gli inquinanti organici persistenti, se accumulati nel corpo, possono causare tumori, disfunzioni ormonali o compromettere la funzione riproduttiva.

https://www.bafu.admin.ch/bafu/it/home/temi/prodotti-chimici/info-specialisti/affari-internazionali–prodotti-chimici/convenzione-di-stoccolma-pop-sugli-inquinanti-organici-persisten.html

Le sostanze non tossiche lo possono diventare se accumulate nell’ambiente”. A dirlo è Pim De Voogt, professore di chimica ambientale dell’Università di Amsterdam. Insieme ad altri 208 scienziati, ha firmato la cosiddetta dichiarazione di Madrid, per chiedere ai governi, ai legislatori, alle industrie e alle fabbriche di non produrre e non usare più i PFAS, ma di cercare delle alternative sostenibili e degradabili.

L’epidemiologa dell’Università della Danimarca del Sud Tina Kold Jensen ha seguito decine di donne prima, durante e dopo la gravidanza: “Ho scoperto che le donne più esposte ai PFAS hanno un rischio 16 volte più alto di avere un aborto spontaneo e di avere figli che si ammalano più spesso, proprio perché i PFAS possono interferire con il sistema immunitario dei bambini. Altri studi hanno dimostrato che i PFAS possono ridurre l’efficacia dei vaccini”. 

Perché?

Queste sostanze chimiche, oltre a persistere nell’ambiente, sono degli “interferenti endocrini”.

Ce lo spiega Fiorella Belpoggi, direttrice del centro di ricerca sul cancro Cesare Maltoni: “L’interferente endocrino è una sostanza che mima, si traveste. Ha una molecola simile a quella di un ormone.
Il sistema corpo li legge come ormone estrogeno creando un gran scompiglio all’interno dell’organismo umano”.

Il sistema endocrino è responsabile della produzione di ormoni necessari per la crescita, lo sviluppo cerebrale (tiroide) e sessuale (estrogeni e testosterone) della persona. Se viene intaccato si rischia di incorrere in patologie riproduttive (infertilità, endometriosi, aborti spontanei), disturbi comportamentali nei bambini, diabete ed alcune forme di cancro, come quello ai testicoli o al seno.

Gli interferenti endocrini possono essere rilasciati nell’ambiente dalle industrie chimiche (PBC, diossina, benzene), dall’agricoltura (erbicidi e pesticidi) e sono presenti in numerosi prodotti per la cura della persona, anche nei giocattoli sotto forma di ftalati, BPA (additivi della plastica n.d.r.)  e parabeni.
In particolare, gli imballaggi e i contenitori di plastica sono la fonte più importante di interferenti endocrini: l’esposizione del materiale plastico alla luce e al calore causa il rilascio di queste sostanze nel cibo e nelle bevande.

Le principali vie di esposizione agli interferenti endocrini per l’umano sono l’inalazione, il contatto con la pelle e il consumo di prodotti contaminati.

Gli interferenti endocrini agiscono sia sulla popolazione esposta che sulle generazioni future, difatti, già durante la gravidanza, gli interferenti endocrini possono alterare la fertilità dell’individuo influenzando il corretto sviluppo del cervello e dell’apparato uro-genitale.
Sostanze come i PFAS possono introdursi nel sangue, nel liquido seminale, nel fluido follicolare e nel sistema che regola i nostri ormoni, ed essere causa di disturbi e malattie.
https://www.fondazioneserono.org/fertilita/ultime-notizie-fertilita/ruolo-interferenti-endocrini-fertilita/

Tony Fletcher, epidemiologo della London School of Hygiene and Tropical Medicine (LSHTM): “Abbiamo condotto un ampio studio su una comunità di 69mila persone che abitavano in un territorio contaminato dal PFOA (sostanza chimica della famiglia dei PFAS) ed abbiamo trovato associazioni con 6 malattie diverse: colesterolo alto, colite ulcerosa, disfunzioni alla tiroide, cancro ai testicoli, ai reni e ipertensione gestazionale”.

La comunità su cui ha indagato Tony Fletcher è quella che abita vicino lo stabilimento americano della Dupont, l’azienda che per anni ha usato il PFOA nel processo di produzione del Teflon, il più noto rivestimento antiaderente delle padelle.
Negli Stati Uniti la Dupont è stata accusata di avere contaminato le acque con il PFOA e nel 2016 è stata condannata a risarcire 5 milioni di dollari ad un uomo che ha avuto il cancro ai testicoli.
http://www.rainews.it/dl/docs/1477333966373plastica_report.pdf

La cosa interessante è che l’azienda, non la persona fisica, l’azienda condannata al risarcimento per aver provocato un tumore ad un uomo, è la Dupont, una delle aziende che negli anni ’30 ha causato la proibizione della canapa. Una di quelle aziende che ha boicottato gli studi sulla chemiurgia e gli usi dei vegetali nell’industria. La Dupont, in questo modo, ha potuto continuare a lavorare e produrre sostanze che non si degradano né nell’ambiente, né nel corpo umano. Sostanze che riescono a raggiungere ogni angolo della Terra e che provocano tumori, problemi al sistema riproduttivo, di fertilità, al sistema immunitario, al sistema nervoso, al fegato, alla respirazione e all’ambiente che ci circonda.
Tutto questo per rivestire delle padelle di antiaderente.
https://www.raiplay.it/video/2016/10/Report-3df5b451-cc2f-4c22-8758-6b92ba9a5744.html

Ogni anno, col processo fotosintetico, vengono fissati sulle terre emerse circa 100 miliardi di tonnellate di carbonio, per circa due terzi sotto forma di materiali lignocellulosici e per circa un terzo sotto forma di amido, zuccheri e altre sostanze.
https://www.fondazionemicheletti.eu/contents/documentazione/archivio/Altronovecento/Arc.Altronovecento.07.02.pdf

Tutte sostanze che potrebbero aiutarci a produrre beni e a soddisfare i nostri infiniti bisogni, senza necessariamente contaminarci.

Accumulo e smaltimento

Il prodotto che conosciamo più di tutti, derivato dalla raffinazione del combustibile fossile più usato al mondo, il petrolio, è la plastica.

Noi esseri umani, per poter sopravvivere sulla Terra, abbiamo bisogno di modificare l’ambiente che ci circonda. Per questo motivo, dobbiamo usare tantissimi oggetti per poter soddisfare le nostre infinite necessità.

Cenni storici

La seconda guerra mondiale e la proibizione della canapa segnarono la diffusione dei combustibili fossili nella quotidianità di tutti.

La guerra stimolò l’esigenza di trovare sostituti a prodotti naturali non reperibili, per cui vennero sviluppati prodotti sintetici in sostituzione dei loro simili naturali.

Dopo la guerra, le scoperte dettate da esigenze militari invasero il mondo civile.
Gli anni ’50 videro la scoperta delle resine melammina-formaldeide*, che permisero di produrre laminati per l’arredamento e di stampare stoviglie a basso prezzo.
Anche le fibre sintetiche vissero il loro primo boom. Alternativa più moderna rispetto alle fibre naturali.

*Resine melammina-formaldeide: il vasto pubblico le conosce sotto la denominazione commerciale di una specifica tra esse, la “Fòrmica”

“Gli anni ’60 vedono il definitivo affermarsi della plastica come insostituibile strumento della vita quotidiana e come nuova frontiera anche nel campo della moda, del design e dell’arte.
Il nuovo materiale irrompe nel quotidiano e nell’immaginario di milioni di persone, nelle cucine, nei salotti, permettendo a masse sempre più vaste di accedere a consumi prima riservati a pochi privilegiati, semplificando un’infinità di gesti quotidiani. Colorando le case, rivoluzionando abitudini consolidate da secoli e contribuendo a creare lo “stile di vita moderno”.
http://www.corepla.it/la-storia-della-plastica#

Andiamo per difetto, da 60 anni affidiamo esclusivamente ai combustibili fossili l’appagamento dei nostri bisogni. Al petrolio e ai suoi derivati, sopra su tutti la plastica. Difatti, se pensiamo all’alimentazione, il responsabile dell’imballaggio e della conservazione dell’alimento è un derivato del petrolio, la plastica. Responsabile del trasporto dal produttore al supermercato è il carburante, quindi petrolio.

Il primo problema provocato dall’uso di combustibili fossili è il loro smaltimento.
Si chiamano combustibili fossili perché estratti dallo strato della Terra che contenente i fossili (successivamente modificati chimicamente N.d.R.). Di conseguenza, non sono fonti rinnovabili come i vegetali, ma destinati a sopravvivere negli anni ed accumularsi, come la plastica e le microplastiche.
Gli studi in questo campo sono andati avanti e hanno trovato il metodo per riciclare la plastica. Non tutta la plastica, però, si può riciclare.

PlasticsEurope, l’associazione europea dei produttori di materie plastiche, ha pubblicato un’analisi sulla produzione, sulla domanda e sui rifiuti della plastica europea.

Nel loro report dichiarano che nel 2018, 9,4 milioni di tonnellate di plastica sono stati raccolti in Europa per essere riciclati. Tra parentesi scrivono: “dentro e fuori l’Europa”.

https://www.plasticseurope.org/it/resources/market-data

Quindi, la restante plastica, è finita sotto terra, negli inceneritori, nelle discariche o nel mare.
La quantità di plastica prodotta ogni anno nel mondo è di 396 milioni tonnellate. (396 miliardi di kg)
https://www.repubblica.it/ambiente/2019/03/05/news/plastica_100_milioni_di_tonnellate_all_anno_disperse_in_natura-220782710/

Questo vasetto è stato ripescato in mare. Sopra c’è il simbolo delle Olimpiadi e c’è scritto: “Yoplait lo yogurt ufficiale dei Giochi Olimpici del 1976“.
https://www.dolcevitaonline.it/lo-yogurt-di-40-anni-fa-e-ancora-in-mare-praticamente-intatto/

Derivati del petrolio sulla pelle

Nel corso di questi anni sono stati dimenticati i molteplici studi fatti negli anni ’20, che proponevano l’agricoltura sia come fornitore di alimenti, che materie prime per l’industria.
https://84ground.com/la-chemiurgia/
Al contrario, il petrolio è stato il protagonista di innumerevoli studi ed esperimenti, al fine di creare migliaia tipi di prodotti.

Quando pensiamo al petrolio la prima cosa che ci viene in mente è un combustibile fossile che alimenta macchine e mezzi di trasporto.
In realtà, il petrolio, è molto di più.

“Il petrolio è un combustibile fossile, così come il carbone e il gas naturale. Tali combustibili sono prodotti dai resti di piante e animali esistiti centinaia di milioni di anni fa. Quelle piante e quegli animali, esattamente come accade oggi, hanno accumulato l’energia proveniente dal Sole e, dopo la loro morte, sono rimasti sepolti per milioni di anni, fino a trasformarsi in petrolio e carbone.
Le piante e gli animali preistorici ci restituiscono oggi, sotto forma di calore ed energia elettrica, l’energia solare accumulata in passato”.
http://scienzeinclasse.eniscuola.net/corsi/Corso30/story_content/external_files/pdf_petrolio.pdf Spieghiamo l’energia… dal petrolio! – Eniscuola

Il petrolio è ampiamente utilizzato perché molto versatile. I suoi atomi di carbonio possono essere combinati in numerose strutture chimiche e realizzare numerosi materiali e prodotti.

Prendiamo per esempio uno shampoo: il contenitore e il tappo sono un derivato del petrolio, la plastica, così come parte del suo contenuto. L’inchiostro utilizzato per le informazioni stampate sul flacone è anch’esso un derivato del petrolio, così come la colla che tiene attaccata l’etichetta.

Sul retro dei prodotti che compriamo, in basso, si trova la lista dei loro ingredienti, comunemente denominata INCI (International nomenclature of cosmetic ingredients).
Dal 1997 vige l’obbligo di indicare nell’etichetta della confezione gli ingredienti presenti in ordine decrescente, fino all’1%. Al di sotto dell’1% l’elenco può anche non rispettare i criteri della quantità. Non è obbligatorio dichiarare le sostanze nocive presenti nei contenitori dei prodotti.
https://www.camera.it/parlam/leggi/deleghe/97126dl.htm

Molti degli ingredienti che si trovano nei prodotti per la cura del corpo comprati nei supermercati sono derivati del petrolio.

Il gel di petrolio, comunemente chiamato vasellina o petrolato, è una gelatina ottenuta raffinando il petrolio.
Come spiega la Dottoressa Monaco, docente di anatomia presso l’Accademia Liliana Paduano: “I petrolati sono agenti filmanti che danno una sensazione di levigatezza alla pelle, utilizzati anche per il loro effetto emolliente. I cosmetici con petrolati creano una barriera tra l’ambiente esterno e la pelle”. “I petrolati sono costituiti da sostanze oleose che impermeabilizzano la pelle, occludendone i pori e impedendo la comune traspirazione cutanea.
L’uso costante di prodotti a base di tali sostanze rischia di inibire lo strato superficiale della pelle, incrementando la sottostante proliferazione batterica, quindi rompendo il delicato equilibrio microbiologico”. 
I petrolati si riconoscono nell’INCI con questi nomi: Mineral Oil, Paraffinum Liquidum, Petrolatum, Propylene Glycol, Isopropyl, Vaselina, Cera Microcristallina
https://www.accademialilianapaduano.it/files/admin/allegati/2nomenclaturainci.pdf

La maggior parte degli oggetti che soddisfano i nostri bisogni giornalieri derivano da lavorazioni fatte a combustibili fossili.
Il silicone, per esempio, è usato nei prodotti per capelli, cute e tanti altri, derivato da un minerale chiamato silicio.
I prodotti come shampoo e balsami che contengono siliconi creano una patina sul fusto del capello, coprendone completamente le squame. Per questo motivo dà al capello un aspetto setoso e vellutato. Questa patina, però, non è assolutamente curativa, ma ha il solo scopo di coprire gli inestetismi. Sotto di questa il capello continua a rovinarsi.

Alle creme ed agli oli per la pelle, invece, il silicone viene messo al posto degli emollienti vegetali, perché costano di meno.
Anche qui il silicone forma una pellicola sulla pelle, dando una sensazione di morbidezza alle mani che però, non respirano. Infatti, dopo un consumo assiduo e quando si smette di usare il prodotto, la cute diventerà secca, squamosa e piena di punti neri.

L’effetto del silicone è pari a quello di una pellicola di plastica appoggiata sulla pelle.
read:https://www.theitaliantimes.it/donna/inci-prodotti-cosmetici-lista-elenco-ingredienti-da-evitare-pericolosi_070520/

Chiaramente i conservanti non potevano mancare.

I Parabeni sono tra i conservanti più presenti nei prodotti cosmetici, soprattutto in creme, shampoo, dentifrici, deodoranti. Anche se sono autorizzati in quantitativi limitati dall’Unione Europea, è scattato l’allarme sulla loro tossicità dopo lo studio della biologa dell’Università di Reading (Regno Unito) Philippa Darbre. Lo studio fu eseguito su 20 campioni prelevati da donne che si erano ammalate di tumore al seno. In 18 campioni su 20 era stata evidenziata un’elevata presenza di parabeni (in particolare methylparaben).
https://donna.fanpage.it/cosmetici-tossici-ecco-le-sostanze-da-evitare/
I principali Parabeni sono i methylparaben, ethylparaben, propylparaben, isobutylparaben, butylparaben e benzylparaben.

Il tumore al seno è uno degli effetti provocati da ciò che la comunità scientifica definisce “interferenti endocrini”.

“La comunità scientifica è concorde nel considerare gli interferenti endocrini come una reale minaccia per la salute dell’uomo in quanto si tratta di sostanze in grado di alterare le numerose funzioni che nell’organismo sono finemente regolate dal sistema endocrino, attraverso la sintesi, il rilascio e l’azione di ormoni.
In particolare, la presenza di queste sostanze tossiche nei fluidi biologici come il sangue, il liquido seminale e il fluido follicolare. desta molta preoccupazione circa il loro possibile effetto sulla fertilità”.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/25061923/
https://www.fondazioneserono.org/fertilita/ultime-notizie-fertilita/ruolo-interferenti-endocrini-fertilita/

L’ambiente, il petrolio e la chemiurgia

L’inizio del mondo moderno

Durante gli inizi degli anni Venti il ricercatore George Washington Carver creò più di 300 prodotti usando le arachidi come materia prima: insetticidi, olio lubrificante, colla, gas, inchiostro per stampanti, pannelli isolanti, vernici, sapone da bucato, medicine, cosmetici, bevande e alimenti a base di arachidi contribuirono notevolmente all’incremento economico del sud degli Stati Uniti.

Per la produzione di questi e tantissimi altri prodotti non c’era bisogno dell’uso di materiali sintetici o del petrolio, ma di una semplice pianta.

https://www.tuskegee.edu/support-tu/george-washington-carver/carver-peanut-products


C’è stato un periodo nel quale le piante non erano solo un prodotto alimentare. I vegetali rappresentavano una ricca materia prima per i prodotti più disparati: dai tessuti, al carburante, dai pannelli per l’edilizia, ai prodotti per la produzione cartaria e navale.

Agli inizi degli anni Venti William J. Hale, un chimico della Dow Chemical Co., lanciò un vasto movimento sociale denominato “Farm Chemurgic Movement” che aveva come obiettivo lo sviluppo e la diffusione dell’utilizzo delle materie agricole nella nascente industria statunitense.
Nel 1934 pubblicò il libro The Farm Chemurgic, dove suggeriva agli agricoltori di non concentrarsi solo sull’aspetto alimentare del loro lavoro, ma di produrre e vendere anche materie prime per altri scopi come cellulosa, amido, lignina.

Il movimento della Chemiurgia attrasse l’attenzione e l’interesse di molti uomini importanti, sia a livello politico, che a livello intellettuale. L’imprenditore Henry Ford, sostenuto dall’amico Thomas Edison, credette ed investì nella ricerca sulla Chemiurgia. Nel 1935 Ford finanziò i primi Convegni del National Farm Chemurgic Council ed istituì insieme ad Edison un centro di ricerca sui prodotti agricoli. Uno dei primi e più importanti programmi di studio fu quello riguardante soia e canapa.

Una decina di anni dopo, Henry Ford presentò la prima auto interamente composta da fibre di canapa ed alimentata con l’etanolo di canapa: la Hemp Body Car.

Ford presenta “Hemp Body Car”
Ricostruzione moderna della “Hemp Body Car”

Per produrre una macchina tradizionale bisogna emettere tonnallate di CO2. La canapa, essendo una pianta, trasforma la CO2 in ossigeno durante tutto il suo ciclo di vita.
Ad oggi si tratta ancora della vettura più ecologica mai prodotta sulla terra, il suo impatto ambientale era inferiore di due volte e mezzo rispetto ad una macchina elettrica odierna.


Erano stati svolti molteplici studi ed erano stati creati materiali, oggetti ed energia attraverso fonti rinnovabili, come le piante, con un impatto sulla Terra decisamente minore rispetto all’energia fossile. Oltretutto, i contadini non sarebbero stati solo produttori di cibo ma anche di materie prime e carburante.

Peccato che a rallentare la Chemiurgia ci si mise una guerra e tanto petrolio a basso costo. A cancellarla del tutto, invece, il proibizionismo della canapa, che vietava la coltivazione, il commercio e l’uso della pianta. Successivamente, l’iniziativa fu portata alle Nazioni Unite (clicca sul link e cerca con CTRL+f “Nazioni Unite”) dove fu promulgata la “Convenzione unica sugli stupefacenti”, portando, di fatto, in pochi anni alla proibizione della pianta in quasi tutto il globo.
http://www.federcanapa.it/wp-content/uploads/2016/07/convenzione-unica-sugli-stupefacenti.pdf

Oggi “chemiurgia” fa parte delle parole meno usate e conosciute. L’impiego delle piante in produzioni industriali è pressoché inesistente. Nel tanto abbiamo imparato ad usare esclusivamente i combustibili fossili come fonte di energia.
90 milioni di barili di petrolio vengono consumati tutti i giorni per soddisfare l’industria, il commercio e i bisogni degli esseri umani.
https://www.lifegate.it/persone/stile-di-vita/petrolio-nel-mondo

Per estrarre il petrolio vengono fatte delle perforazioni nella crosta terrestre e costruiti dei pozzi profondi fino a 6-8 km. Tutto questo su una piattaforma petrolifera.
Non poche volte sono avvenuti incidenti dove quantità enormi di petrolio e altre sostanze tossiche sono state riversate nelle acque degli oceani.

Il Golfo del Messico ne fu vittima il 2010, a causa di un’esplosione nella piattaforma Deepwater Horizon, gestita dalla British Petroleum.
Dopo 86 giorni dall’inizio dello sversamento di petrolio, la compagnia petrolifera dichiarò di essere riuscita a tappare la perdita del greggio, pur non essendo ancora sicura di quanto tempo avrebbe potuto resistere quest’ultima soluzione.

Secondo le stime della British Petroleum stessa, dopo 3 mesi dal disastro erano già stati riversati in mare tra i 3 e i 5 milioni di barili di petrolio, ovvero tra i 506 e gli 868 milioni di litri.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2011/04/20/disastro-bp-un-anno-dopo-spiagge-e-paludi-ancora-ricoperte-di-petrolio/105690/

https://www.repubblica.it/ambiente/2010/07/15/news/golfo_del_messico_perdita_fermata_la_prima_volta_da_aprile-5616936/?ref=HRER1-1

Persone fisiche responsabili di questo disastro non ce ne sono.
L’unica imputata per questa tragedia è la persona giuridica e poco tangibile “British Petroleum”, colpevole di undici capi di accusa. Colpevole di non aver rispettato le norme del “Clean Water Act”, di ostruzione al Congresso e responsabile della morte di 11 persone addette alla piattaforma.

Dovranno espiare le loro colpe con una pena pecuniaria. Finita quella, potranno continuare impuniti ad estrarre greggio dal nostro pianeta.



Guerra umanitaria: Libia

L’eco della “primavera araba” fu ascoltato anche dai giovani libici e nel febbraio 2011 scesero in piazza per protestare contro il regime.
Le manifestazioni presto diventarono rivolte e portarono gli insorti a conquistare le città più importanti della Libia.

La comunità internazionale accusò Gheddafi di usare troppa violenza contro il suo popolo e con una risoluzione dell’ONU si diede via alle operazioni militari guidate dalla NATO contro le forze fedeli di Gheddafi: Insieme abbiamo deciso di mettere in atto le richieste dell’ONU per porre fine alle violenze contro la popolazione civile in Libia. Siamo tutti d’accordo nell’ usare tutti i mezzi anche militari per mettere in atto le decisioni del consiglio di sicurezza ONU”. Dichiarò l’allora presidente francese Sarkozy durante il Summit a Parigi sulla Libia.
Dopo l’inizio di questo intervento 50.000 libici persero la vita.

Nell’ottobre 2011 due cacciabombardieri francesi guidati da un aereo radar americano sganciarono due bombe a guida laser che colpirono Muammar Gheddafi. Subito dopo fu raggiunto dagli insorti e ucciso.

La morte del rais ha definito la nascita di due governi in continua lotta tra loro e lo stanziamento di numerose milizie islamiste e non, tra cui l’Isis.

Nel 2011 il numero di sbarchi sulle coste italiane fu di 16 volte più alto rispetto all’anno precedente.
Ora la Libia rappresenta uno dei punti di partenza più frequenti per i rifugiati.