Albert Einstein. La crisi

“La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. E’ nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere superato.

Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera crisi, è la crisi dell’incompetenza. L’inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie di uscita. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia. Senza crisi non c’è merito. E’ nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze. Parlare di crisi significa incrementarla, e tacere nella crisi è esaltare il conformismo. Invece, lavoriamo duro. Finiamola una volta per tutte con l’unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla”.

Yann Martel. Vita di Pi

“Le persone emigrano perché logorate dall’angoscia. Consapevoli che i loro sforzi non serviranno a nulla.
Che quello che riusciranno a costruire in un anno verrà distrutto da qualcun altro in un solo giorno.
Convinte che il futuro sia ipotecato.
Che con un po’ di fortuna forse loro potranno farcela, ma non i loro figli. Intimamente certe che a casa nulla cambierà; che possono essere tranquille e felici solo altrove”.


“Quando guardi nei suoi occhi la sola cosa che puoi riuscire a vedere è lo specchio delle tue emozioni”.

Trilussa. La ninna nanna de la guerra, 1914

Ninna nanna, nanna ninna,
er pupetto vò la zinna:
dormi, dormi, cocco bello,
sennò chiamo Farfarello
Farfarello e Gujermone
che se mette a pecorone,
Gujermone e Ceccopeppe
che se regge co le zeppe,
co le zeppe d’un impero
mezzo giallo e mezzo nero.

Ninna nanna, pija sonno
ché se dormi nun vedrai
tante infamie e tanti guai
che succedeno ner monno
fra le spade e li fucili
de li popoli civili

Ninna nanna, tu nun senti
li sospiri e li lamenti
de la gente che se scanna
per un matto che commanna;
che se scanna e che s’ammazza
a vantaggio de la razza
o a vantaggio d’una fede
per un Dio che nun se vede,
ma che serve da riparo
ar Sovrano macellaro.

Chè quer covo d’assassini
che c’insanguina la terra
sa benone che la guerra
è un gran giro de quatrini
che prepara le risorse
pe li ladri de le Borse.

Fa la ninna, cocco bello,
finchè dura sto macello:
fa la ninna, chè domani
rivedremo li sovrani
che se scambieno la stima
boni amichi come prima.

So cuggini e fra parenti
nun se fanno comprimenti:
torneranno più cordiali
li rapporti personali.

E riuniti fra de loro
senza l’ombra d’un rimorso,
ce faranno un ber discorso
su la Pace e sul Lavoro
pe quer popolo cojone
risparmiato dar cannone

Wisława Szymborska. Autotomia

In caso di pericolo, l’oloturia si divide in due:
dà un sé in pasto al mondo,
e con l’altro fugge.

Si scinde d’un colpo in rovina e salvezza,
in ammenda e premio, in ciò che è stato e ciò che sarà.

Nel mezzo del suo corpo si apre un abisso
con due sponde subito estranee.

Su una la morte, sull’altra la vita.
Qui la disperazione, là la fiducia.

Se esiste una bilancia, ha piatti immobili.
Se c’è giustizia, eccola.

Morire quanto necessario, senza eccedere.
Rinascere quanto occorre da ciò che si è salvato.

Già, anche noi sappiamo dividerci in due.
Ma solo in corpo e sussurro interrotto.
In corpo e poesia.

Da un lato la gola, il riso dall’altro,
un riso leggero, di già soffocato.

Qui il cuore pesante, là non omnis moriar,
tre piccole parole, soltanto, tre piume d’un volo.

L’abisso non ci divide.
L’abisso circonda.

L’intelligenza delle piante

Adesso prendiamoci una pausa da tutti i casini umani.
Esiste un mondo che non sentiamo ma che vediamo tutti i giorni. Un mondo che pensiamo non possa parlare, ascoltare o essere cosciente. Qualcosa che sottovalutiamo da sempre, ma che ci decora le case e ci da da mangiare. Queste sono le piante, degli esseri viventi che non abbiamo mai conosciuto in fondo, tanto meno capito la loro complessità. Una realtà che non riusciamo a percepire con i nostri cinque sensi spesso scordiamo che esiste.

Interessante è capire chi e in quanti abitiamo sulla Terra. Le piante sono ben l’85% di tutta la massa vivente di questo pianeta. Poi arrivano gli animali, con uno 0,3% e solo alla fine gli esseri umani. Uno scarso 0,06%.

Qui una domanda c’è da porsela: come ha fatto l’85% della vita sulla Terra a svilupparsi e sopravvivere per centinaia di milioni di anni senza poter essere cosciente di sé e di ciò che gli circonda?


Noi umani non abbiamo mai avuto una grande considerazione delle piante.
Nel 1510 stilarono una classifica sugli esseri viventi presenti sulla terra e le loro capacità: quale essere vivente è intelligente, riesce a percepire con i propri sensi, vive ed è, e quale è e basta?

Su questa tabella le piante le misero al penultimo posto. Dopo di loro solo le pietre. Pertanto, esistono, vivono e basta. Nient’altro. All’apice, invece, si trova l’uomo studioso, che esiste, vive, sente ed è intelligente. Il massimo dell’evoluzione a quanto pare.

Certo, questa tabella è antica ma la nostra percezione sul mondo vegetale non è cambiata di molto; il problema è che questa realtà non la conosciamo quasi per niente e quando non si conosce qualcosa non si può nemmeno riconoscere la sua straordinarietà.
Iniziamo dal dire che se non ci fossero le piante, non esisterebbe la vita su questo pianeta. Se tutte le piante sparissero la Terra diventerebbe una grande palla di roccia, come Marte. Grazie a loro, invece, la terra è colorata di blu, bianco e verde.

Inoltre, l’ossigeno e il cibo che consumano animali e umani lo producono esclusivamente le piante, perciò, senza le piante, nessun essere vivente potrebbe sopravvivere. Compreso ognuno di noi.

Ma perché non riusciamo a riconoscere questa importanza alle piante?

A volte non ci accorgiamo nemmeno della loro presenza. Se mostriamo queste immagini a delle persone e chiediamo cosa hanno visto…

…il 94% degli intervistati risponderanno una rana, un’ape e un colibrì. Pochissimi citeranno le piante presenti nelle foto (secondo l’esperimento del Prof. Mancuso). Anche nelle pitture rupestri, i disegni fatti dai preistorici, rappresentano animali e uomini, mai piante. E nella Bibbia? Quando Noè deve “salvare” gli esseri viventi dall’alluvione, nell’arca mette solo coppie di animali. Peccato che senza piante nessuno potrebbe sopravvivere sulla Terra.  

Questa mancanza di attenzione alle piante ha un motivo ben preciso e si chiama “plant blindness”. Attraverso gli occhi entrano nel nostro cervello 1,5 GB di informazioni al secondo, ma il nostro cervello ne può elaborare solo 300 MB, quindi prende le informazioni che non ritiene importanti e le “butta”.
Quando dovevamo difenderci dai predatori era più importante porre attenzione su un animale o un altro uomo, non su una pianta, pacifica e non pericolosa.

Così abbiamo imparato a non tener conto delle piante e dato per scontato che siano qualcosa di inferiore solo perché non si muovono come noi e non assomigliano a noi. Eppure è l’essere vivente che tiene tutti quanti in vita sulla Terra.

Visto che gli umani tendono a comprendere solo ciò che gli somiglia, sarebbe utile fare un resoconto di ciò che accomuna e differenzia le piante dagli esseri umani e dagli animali. Lo 0,06% del pianeta è veramente più intelligente del restante 85%?

Serve una precisazione: per poter scrivere questo articolo e immergermi in un mondo che fino adesso potevo solo immaginare, un mondo tanto affascinante quanto quello che vediamo con gli occhi, mi è stato di aiuto un professore di neurobiologia, Stefano Mancuso, che attraverso i suoi studi ci ha mostrato una realtà che avevamo sempre rifiutato di vedere.
Vi consiglio di guardare anche i video postati qui sotto, perché lui le piante le spiega meglio di me.  

La differenza più grande: noi ci spostiamo, le piante sono radicate nella terra

Perché le piante e gli animali/umani sono così differenti? Loro non possono scappare come noi, quindi hanno dovuto sviluppare degli stratagemmi per risolvere dei problemi simili ai nostri, ma rimanendo sul posto. Questa è la differenza basilare che divide il mondo animale da quello vegetale. Mentre le piante devono affrontare i problemi perché non si possono spostare, noi che ci possiamo muovere li aggiriamo. Semplici differenze strategiche.

Il corpo delle piante
Noi esseri umani o animali siamo individui, che vuol dire “non divisibili”. Tutto deve essere attaccato al corpo, se no moriamo.
Una pianta no. Le puoi asportare il 90% del corpo e lei continuerà a vivere. La puoi anche sminuzzare in mille pezzi ma lei potrà ancora respirare.

Gli umani e animali hanno un corpo con dentro degli organi, ognuno con una funzione vitale ben specifica, così che quando si spostano li possono portare con sé.
Ma immaginate se un corpo radicato nella terra avesse dei singoli organi. Gli organi sono dei punti deboli capaci di mettere in crisi l’intero “sistema corpo”. Un piccolo buco fatto da un bruco ucciderebbe un’intera pianta. Motivo per il quale non hanno organi ma questo non vuol dire che manchino sensi e funzioni vitali. Le piante hanno sviluppato un altro tipo di sistema. Dei “recettori” che si trovano in tutto il corpo, capaci di interagire contemporaneamente tra loro: le piante vedono, sentono, respirano e ragionano con tutto il corpo.
Se sono sopravvissute per milioni di anni in maggioranza, si può dire che questo loro sistema funziona molto bene.

Il movimento delle piante
L’occhio umano non riesce a percepire il movimento delle piante. Non hanno bisogno di muoversi velocemente come noi, quindi non riusciamo a captare i loro singoli movimenti. Per fortuna la cinematografia ha riempito questa nostra mancanza con il Timelapse che ci ha permesso di osservare i movimenti delle piante. Questi sono i video che lo dimostrano

Dal min 41:48

Non solo si muovono, ma lo fanno con coscienza.
Le piante non hanno occhi, ma hanno coscienza di sé e di cosa hanno intorno. Se si mette un supporto affianco ad una pianta di fagiolo, questa inizierà ad oscillare per percepire cosa ha intorno. Farà un uncino con le sue foglie e ci si aggrapperà, ma solo se nessun’altra pianta è arrivata prima di lei.
L’esperimento qui sotto ve lo dimostra molto chiaramente.

Le piante dormono e sono sensibili ai nostri stessi anestetici https://scienze.fanpage.it/cosa-succede-se-mettiamo-l-anestetico-nelle-piante/

Riescono a difendersi senza scappare
Le piante hanno mille strategie per proteggersi dai predatori. Se un bruco inizia a mangiare le sue foglie, la pianta emette degli odori, che attireranno il nemico dell’insetto che la sta mangiando. Quando si dice “il nemico del mio nemico è mio amico”.
Clicca sul terzo video del seguente link:
https://www.lifegate.it/persone/news/plant-revolution-stefano-mancuso

Le piante sentono
Gli esseri umani possono ascoltare della buona musica o un bel discorso. Le piante, contrariamente, riescono a sentire qualcosa che gli esseri umani non possono, per esempio i parametri fisici e chimici dell’ambiente: loro riescono a sentire la gravità, la luce, l’umidità, i campi elettrici, i campi magnetici, il PH, la salinità, l’acqua. Ciò gli permette di capire cosa gli sta succedendo intorno, senza aver bisogno di organi come noi. I parametri sono percepiti contemporaneamente da ogni singolo apparato radicale.

Dal min 45:40
Dal min 15:16

Cure parentali
Sono quei comportamenti che il genitore assume verso il figlio per farlo sopravvivere quando ancora non è autosufficiente. Come una mamma leonessa che insegna al piccolo a cacciare. Anche il mondo vegetale assume questi insiemi di comportamenti.
Le piante prendono la luce e la trasformano in energia chimica, che le servirà per sopravvivere. Ma come fa una piantina in una foresta buia a vivere senza riuscire a raggiungere la luce, perché ancora troppo piccola? Tutte le piante “parenti” che ha intorno gli forniranno il necessario per sopravvivere attraverso le radici. Come quando una mamma allatta il proprio piccolo.

dal min 26:44

Le piante hanno neuroni?
Le piante non hanno neuroni. Eppure le cellule epidermiche delle piante, proprio come i neuroni, sono in grado di produrre e trasmettere segnali elettrici. Cellule che sono sparse in tutto il corpo.

Da 1:06:14

Le piante ci danno la vita, ci fanno sopravvivere e ci rendono più felici

Dopo numerosi studi si è scoperto che nei quartieri delle città c’è una diretta relazione tra quantità di verde e ordine pubblico: meno verde è presente, più aumentano i reati contro la persona, i problemi di salute mentale e i suicidi. Altri studi hanno misurato i parametri di stress mentre si guida: nel momento in cui si entra in un viale alberato tutti i parametri di stress si abbassano, la gente si calma, guidano più lentamente e gli incidenti diminuiscono.

Dal min 57:21


Per fare un epilogo, possiamo definire le piante intelligenti perché hanno la capacità di riconoscere e risolvere problemi, e coscienti perché hanno cognizione di sé e di ciò che le circonda. Le piante sono la prova che non necessariamente si ha bisogno di neuroni per avere un’intelligenza, svolgere calcoli e avere comportamenti.

Non dimentichiamoci mai che l’arroganza è il primo assassino dell’intelligenza.
Qualcuno disse “vediamo quello che sappiamo, quello che non conosciamo lo ignoriamo”.
Siate meno sicuri delle vostre convinzioni.


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FONTI

Cercate Stefano Mancuso nel motore di ricerca.

https://www.nationalgeographic.com/science/phenomena/2016/02/19/the-sneaky-life-of-the-worlds-most-mysterious-plant/

https://www.lifegate.it/persone/news/plant-revolution-stefano-mancuso

https://scienze.fanpage.it/cosa-succede-se-mettiamo-l-anestetico-nelle-piante/


La madre di tutte le guerre

Tempo fa ho visto un film. Si chiamava Vice e parlava di un uomo, un uomo che nella prima metà della sua vita non era dedito né allo studio, tanto meno al lavoro. Cacciato dalla prestigiosa università Yale, i suoi hobby preferiti erano l’alcool e le scazzottate nei bar della campagnola Wyoming (USA).
Una di quelle persone che non avresti mai immaginato diventare vice presidente degli Stati Uniti, durante il periodo più delicato del nuovo secolo.
Questo uomo si chiama Dick Cheney, legato ai repubblicani e alla sua dolce metà, che lo accompagnerà e sosterrà durante tutta la sua scalata al potere.
Inizia come portaborse del repubblicano Donald Rumsfeld, figura controversa a cui serviva un assistente fedele e silenzioso. Compito non difficile per Dick Cheney.

Da destra Dick Cheney e il suo consigliere legale David Addington

Siamo ancora nel vecchio secolo, esattamente negli anni ’70, quando la presidenza repubblicana di Nixon fu assalita dallo scandalo Watergate.
Al partito servivano facce nuove non riconducibili alla cerchia di Nixon, ed ecco che nella carriera politica di Cheney si apre una breccia. In poco tempo Dick Cheney diventa Capo di Gabinetto, che vuol dire dirigere l’intero personale al servizio del Presidente, quindi, parte del più alto organo del potere esecutivo.
Ma che cosa vuol dire “potere esecutivo”? Cheney non era stato bravo a scuola, così se lo fece spiegare da qualcuno più informato di lui. Qualcuno già dentro le stanze del palazzo.

L’organo esecutivo è uno dei tre poteri dello Stato e si occupa di attuare ed applicare le leggi ma una pulce nell’orecchio arricchì questa definizione mostrandogli quanto grande può diventare chi sta a capo del potere esecutivo.
Questa pulce era un giovane avvocato del dipartimento di giustizia, anche lui in carriera, che introdusse Cheney alla “teoria dell’esecutivo unitario”.
Spiegata con parole comuni, questa teoria è un’interpretazione dell’Articolo 2 della Costituzione americana. Sostiene che tutto ciò che fa il Presidente è legale, perché è il Presidente, di conseguenza, il Presidente può essere indipendente ed agire senza consultare le altre cariche istituzionali. In questo modo, avrebbe il diritto di fare qualunque cosa gli venga in mente.
Da lì in poi Cheney iniziò a vedere la politica con altri occhi, soprattutto con altri orizzonti.

Dopodiché arrivarono i democratici e ribaltarono le carte in tavola.

04 May 1970, New Brunswick, New Jersey, USA — Students demonstrate at Rutgers University here, May 4, protesting the Nixon Administration’s Cambodian policy. The Rutgers demonstration is one of many being staged on university campuses across the nation, May 4, and the remainder of the week. They’re gathered in front of the Administration Building. — Image by © Bettmann/CORBIS

Erano gli anni ’70. Gli anni del cambiamento, delle rivoluzioni sociali, dei diritti civili.
Le persone iniziavano a percepire la realtà e ciò che gli circondava in modo diverso. Si iniziava a vedere l’ambiente con occhi diversi, a riflettere sulle varie alternative all’energia fossile.

Ma questo non conveniva a tutti. I repubblicani e le grandi corporazioni non avevano da guadagnarci con questa ventata di cambiamento, più che altro avevano da perderci.

Eppure delle famiglie ricchissime avevano la soluzione: i fratelli Koch per esempio, a capo della Koch Industries, con un fatturato annuo di circa 100 miliardi di dollari grazie alla raffinazione del petrolio e non solo. Nel loro profilo LinkedIn si descrivono così:
“Cibo. Riparo. Capi di abbigliamento. Trasporti. Koch Industries crea le necessità di base della vita, innovando i modi per renderla ancora migliore. Tuttavia, la difesa di una società libera e aperta è ciò che veramente ci distingue.
Ti interessa la vita dei Koch? Seguici su Twitter su @LifeAtKoch!”.

Fortune Brainstorm TECH 2016 MONDAY JULY 11TH, 2016: ASPEN, CO 3:00 PM WHAT MAKES A LARGE PRIVATE COMPANY TICK? Charles Koch, Chairman and CEO, Koch Industries Interviewer: Alan Murray, Editor, Fortune PHOTOGRAPH BY KEVIN MOLONEY/Fortune Brainstorm TECH

Ecco, famiglie come queste iniziarono a firmare grassi assegni per finanziare istituti di ricerca e analisi nei campi della sociologia, della politica sanitaria, della politica economica, internazionale e studi costituzionali.

Sotto i nomi Cato Institute”, The Herritage Foundation” e American Enterprise Institute” venivano e vengono tuttora effettuate ricerche e sperimentazioni per ”la promozione presso la leadership politica e l’opinione pubblica di un pensiero sulla società e sulla politica, i cui valori principali sono il libero mercato, la difesa delle libertà individuali, il limitato intervento dello Stato nella vita economica e sociale e una efficace protezione delle frontiere” e “orientare le scelte e la visione politica della leadership e dell’opinione pubblica”. (Fonte: Treccani)

Riassunto, l’obiettivo di questi istituti di ricerca e di chi li finanziava era di spingere la società civile e la leadership a vedere il mondo con gli occhi delle grandi corporazioni. In questo modo, quando una corporazione avrebbe avuto bisogno di far attuare una sua idea o una sua decisione, il governo li avrebbe appoggiati, e nessuno della società civile avrebbe sentito il bisogno di protestare.

Queste idee riuscirono ad arrivare nelle case degli americani grazie al canale Fox News.
Dopo il veto sulla dottrina dell’imparzialità, altresì detta par condicio, riuscirono a dare vita a un canale d’informazione palesemente virato a destra, conservatore, che dava voce a tutti i risultati che quegli istituti di ricerca avevano scoperto.
In questo modo l’effetto serra diventò “cambiamento climatico”, la tassa di successione per i milionari “tassa sulla morte” e iniziarono a trasformare le parole, mescolarle per dare a loro il significato più conveniente.
Le parole divennero mezzo per imporre il proprio volere. Quando la televisione e le radio erano l’unico mezzo d’informazione disponibile, non fu difficile raggiungere questo obiettivo.

Ma torniamo a Dick Cheney.

Dick Cheney non riuscì a diventare Presidente degli Stati Uniti. Si ritirò a vita privata e cambiò carriera. Dalla politica passò all’industria.

Oramai era diventato un amministratore delegato di una grande società petrolifera, la Halliburton.
Di questo ce ne sarà occasione di parlarne più tardi.

https://flic.kr/p/uYSb9

I colpi di scena non finiscono.
Una telefonata e un incontro con il candidato alla presidenza George W. Bush. Vuole che Dick diventi suo Vice. Lui non è convinto di questa proposta ma qualcosa lo alletta.

Poi arriva il giorno delle elezioni presidenziali.
I risultati non sono chiari e ancora non si capisce se la presidenza debba andare al figliol prodigo George W. Bush o allo sfidante democratico e ambientalista Al Gore.
ll bivio dove la storia era appollaiata in quel momento era diviso da una linea sottilissima che la Corte Suprema definì, impedendo il riconteggio delle schede elettorali.
George W. Bush, figlio della stirpe Bush, quello che da giovane era una “testa calda”, diventò il 43esimo Presidente degli Stati Uniti con un margine di 537 voti. Dick Cheney, il Vice Presidente del primo governo repubblicano del XXI secolo, ma a una condizione, poter lavorare come un cane sciolto.
E così fu.

Lo staff della Casa Bianca lo scelse lui stesso, lasciando fuori alcuni della cerchia del Presidente Bush. Aprì suoi uffici nella maggior parte degli organi statali, dove di norma il Vice Presidente non risiedeva. Uno alla camera, dove veniva definito il budget, due uffici al senato, uno al pentagono e una sala riunioni alla Cia, quando si scelse di invadere l’Iraq.

Era arrivata l’ora di mettere in atto “la teoria dell’esecutivo unitario”. Con la rete che era riuscito a costruire negli anni non sarebbe stato difficile: gli istituti di ricerca trovavano la forma più adatta per presentare all’opinione pubblica i loro intenti, le televisioni trasmettevano il messaggio alle persone e il gioco era fatto, il suo impero anche.

Poi arrivò l’ora delle politiche energetiche di Cheney. Anche lì fu facile sviare le regole.

I dettagli degli incontri con gli amministratori delegati dell’energia (petrolio e gas) non furono mai dichiarati, ma una richiesta basata sulla legge della trasparenza rivelò una mappa dei giacimenti di petrolio dell’Iraq con tutte le compagnie interessate ad acquistarle, se fossero state disponibili.

Poi il tempo si fermò.
New York fu invasa da un’enorme nuvola di polvere.
Due torri di 110 piani e una di 47, distanti qualche metro, crollarono come cenere a causa di due aerei.
Il Presidente Bush non si trovava alla Casa Bianca quindi era compito del vice presidente gestire la situazione.
Dick Cheney e la sua cerchia, tra cui il suo consulente legale, si trovarono nelle stanze a manovrare le operazioni in modo controverso, come avevano fatto fino ad adesso. I caccia non si alzarono immediatamente in volo per seguire gli aerei che erano stati dirottati e al Pentagono non risposero prontamente alle segnalazioni di allarme. Era il caos.

In quello che poi si svelò un attacco terroristico, persero la vita 2.977 persone. Impiegati, vigili del fuoco, mamme e papà si spensero come le fiamme nei grattacieli che avevano fatto crollare, lasciando intorno a loro e in tutto il mondo soltanto polvere, rabbia e tanta paura.

Il giornalista N.J. Burkett durante il crollo della Torre Sud

I media chiedevano vendetta, così anche le persone e presto vi fu guerra. La cosiddetta “guerra al terrore” contro terrorismo e terroristi, che ancora oggi miete vittime incoscienti del motivo per il quale stanno morendo.

Iniziò con il bombardamento e l’occupazione dell’Afghanistan, ma il primario obiettivo per Cheney e i suoi era un altro. Era l’Iraq, parte dell’antica Mesopotamia, ricco di reperti di civiltà antiche ormai ingoiati dalla guerra. Ricco di quel materiale prezioso che la terra ci dona chiamato petrolio.

La macchina della propaganda si doveva rimettere in moto. Spunta fuori dalla CIA la notizia che l’Iraq e il suo dittatore Saddam Hussein possedessero delle armi di distruzioni di massa. Inoltre i media continuavano a ripetere che Saddam Hussein era legato ad Al Qaida, il gruppo terroristico che avrebbe colpito gli USA l’11 Settembre del 2001.
https://www.c-span.org/video/?182360-1/the-connection-al-qaeda-saddam-hussein

Questi legami, esattamente come le armi di distruzione di massa, non sono mai stati trovati.

Ma convincere solo gli americani non bastava. Una fialetta piena di polvere bianca fu mostrata durante il discorso contro Saddam Hussein dal segretario di Stato americano Colin Powell alle Nazioni Unite. Stavano cercando degli alleati in quella guerra e li trovarono.
Prima bombardarono città e case, poi presero le redini del governo e sciolsero l’esercito iracheno, lasciando per strada migliaia di soldati armati ed arrabbiati. Per combattere il terrorismo, per portare al popolo iracheno libertà e democrazia.

La capitale Baghdad non si riconosceva più, le bombe avevano cambiato la fisionomia di città antichissime e avevano stremato chi vi ci abitava. Più di 600.000 iracheni subirono una morte violenta per una causa che non gli apparteneva.
4.550 soldati americani sono stati uccisi. Numero che superava le vittime dell’attacco terroristico dell’11 settembre.
Dal 2001 il suicidio tra i soldati americani è aumentato del 31%.

Ma c’era chi stava meglio. Dopo la distruzione arriva la ricostruzione, ed ecco chi aveva prima distrutto, adesso si proponeva come costruttore di nuove strutture, nuove scuole, strade, ospedali e di servizi primari come l’elettricità e l’acqua. Il nuovo obiettivo della presidenza Bush e vicepresidenza Cheney non era più distruggere ma costruire.

La guerra in Iraq si era trasformata in un “nuovo mercato emergente”.
In un hotel Sheraton, in Virginia, 400 uomini d’affari si riunirono in quella che chiamarono “ReBuilding Iraq” per spartirsi i settori e i soldi che il governo statunitense aveva messo a disposizione per ricostruire il paese che avevano appena bombardato, occupato e distrutto.
In quell’occasione erano a disposizione $ 18,6 miliardi di dollari di contratti, per i prossimi due mesi.

Le persone da incontrare provenivano dall’Autorità Provvisoria della Coalizione (autorità internazionale sostitutiva al governo iracheno di Saddam Hussein, riconosciuta all’unanimità dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite – risoluzione 1483*), dal suo nuovo ufficio di gestione dei programmi, dall’esercito Corpo degli ingegneri, dall’agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale, da multinazionali, da Bechtel e dalla Halliburton.

Ve la ricordate la Halliburton? La compagnia petrolifera cui Cheney era amministratore delegato prima di diventare Vice Presidente? È stata la prima a ricevere un contratto plurimiliardario per ricostruire l’Iraq, senza gara d’appalto. Lei e la sua impresa gemella KBR.

Ora il campo d’azione della Halliburton non era più il solo petrolio, ma anche l’approvvigionamento delle forze armate presenti in Iraq e la ricostruzione di un Paese esistente solo sulla mappa.

*Generalità – Difesa.it

Vedi da 1:40:03

Mentre il ministero della difesa americano perdeva le tracce di 2,3 mila miliardi (2,3 trilion) in un solo anno. Soldi dei contribuenti, ovviamente.

Senate Confirmation hearings Secretary of Defence, Mr. Byrd.

Mentre decine di migliaia di mercenari, gestiti da società private, si divertivano a fare il tiro al bersaglio con povera gente che si trovava nel luogo sbagliato nel momento sbagliato.

Mentre la tortura veniva considerata legittima, sulla base della “teoria dell’esecutivo unitario” e giustificata dallo stato di “guerra al terrorismo”, documenti secretati (vedi anche Torture Memos, John Yoo, 2002) suggerivano ai militari in campo l’uso di violenza inaudita, di cani, la rimozione di vestiti, l’umiliazione sessuale, rimanere ore legati in posizioni stressanti, tutto questo a prigionieri catturati senza legittimo mandato. Abu Ghraib ne è testimone.

Mentre la casa Bianca Bush-Cheney dichiarava di aver perso 22 milioni di e-mail a causa di periodi di “blackout”.
Mentre la guerra al terrorismo e il caos che creava dava vita a nuove organizzazioni terroristiche come l’ISIS.
Mentre la nostra civiltà moriva ammazzata, dall’altra parte dell’inferno si sentivano schioccare i calici di ricchi imprenditori, come quelli della Halliburton che vedevano lievitare le proprie azioni del 500%, o quelli delle compagnie petrolifere come la Exxon Mobil, che durante la guerra riuscì a guadagnare in tre mesi dieci miliardi e mezzo. In tre mesi.
Mentre questi personaggi ingoiavano ingordi e felici qualunque cosa gli si presentasse sulla loro strada, a chi in quelle strade ci era nato e cresciuto non veniva lasciato niente, se non morte e distruzione. E chi abitava un po’ più lontano da quelle terre martoriate, in seguito, avrebbe conosciuto solo i loro rifugiati.

Il film finisce, le luci si riaccendono e il cinema chiude. Devo uscire e ormai è già buio, proprio come la realtà che quel film mi ha mostrato.
Lungo la strada di casa piango. Piango, ricordandomi questo video.

Wesley Clark, ex Generale dell’esercito degli Stati Uniti


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FONTI

Film Vice – l’uomo nell’ombra, di Adam McKay, Gary Sanchez Productions, Plan B Entertainment, 2018

https://it.businessinsider.com/ecco-le-25-famiglie-piu-ricche-al-mondo-una-e-italiana-che-hanno-un-patrimonio-complessivo-di-1-100-miliardi

http://www.treccani.it/enciclopedia/heritage-foundation_%28Dizionario-di-Economia-e-Finanza%29/

http://www.treccani.it/enciclopedia/cato-institute_%28Dizionario-di-Economia-e-Finanza%29/

http://www.treccani.it/enciclopedia/american-enterprise-institute-for-public-policy-research_%28Dizionario-di-Economia-e-Finanza%29/

https://www.theguardian.com/theguardian/2004/jan/17/weekend7.weekend6

https://www.youtube.com/watch?v=R889eSvuS-w&list=WL&index=143&t=29s

https://www.facebook.com/watch/?v=407908456406804

http://www.infomercatiesteri.it/public/rapporti/r_105_iraq.pdf

https://www.harris.com/press-releases/2004/01/harris-corporation-awarded-96-million-contract-for-development-of-the-iraqi

https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2003/03/11/la-ricostruzione.html

http://www.archiviostampa.it/it/articoli/art.aspx?id=2893

https://www.repubblica.it/online/esteri/iraqdiciotto/powell/powell.html

Afghanistan – il lieto fine negato

Dai testi: “La storia siamo noi”.

https://www.repubblica.it/esteri/2013/07/09/foto/kabul_anni_60-62622520/1/

Nel link qui sopra si trovano le foto che scattò William Podlich a Kabul, in Afghanistan, tra il 1967 e il 1968.

William Podlich era un professore dell’Arizona che si trasferì in Afghanistan con la moglie e le due figlie per insegnare in un college della capitale.
Peg, la figlia del professore, ricorda: “Quando rivedo le foto di mio padre, mi viene in mente un Afghanistan ricco di storia e di cultura”.

“Mezzo secolo fa, le donne afgane facevano tranquillamente carriera nel campo della medicina; uomini e donne si mescolavano tranquillamente al cinema e nei campus universitari a Kabul (…) C’era la legge, c’era l’ordine e c’era un governo capace di intraprendere grandi progetti di infrastrutture nazionali, come la costruzione di centrali idroelettriche e strade. La gente aveva speranza, credeva che l’educazione avrebbe potuto aprire opportunità per tutti ed era convinta che si prospettasse un brillante futuro“.
Mohammad Qayoumi, Once Upon a Time in Afghanistan


24 dicembre 1979

L’Unione Sovietica occupa l’Afghanistan spezzando la pace e la stabilità che negli anni era riuscita a costruire.

La guerra, causata dall’occupazione, provoca un milione e mezzo di morti. 5 milioni di afgani perdono le loro case e diventano profughi.


Finita la guerra fredda, l’Unione Sovietica smise di rifornire l’esercito afgano di cibo, carburante e sostegno finanziario. I militari afgani si ritrovarono senza risorse e in poco tempo l’esercito si sfaldò.

Il presidente Najibullah tentò di scappare in India ma dei gruppi armati lo bloccarono, così cercò rifugio nei palazzi delle Nazioni Unite.

Najibullah rimase rinchiuso in quei palazzi per quattro anni fino a che i talebani riuscirono a conquistare Kabul.
In una notte del 1996 sequestrarono il presidente e suo fratello. Fu picchiato, torturato ed evirato. Legarono il suo corpo dietro una jeep e lo trascinarono svariate volte intorno al complesso dell’ONU. Poi il corpo fu appeso, affianco a quello del fratello che aveva subito lo stesso destino.


Ahmad Shah Massoud

Fra i tanti personaggi che combatterono in Afghanistan vi fu Ahmad Shah Massoud. Uomo di cultura, amante della poesia, aperto al mondo ed eroe nazionale, riuscì a sconfiggere l’occupazione russa nella valle del Panjshir.

Dal documentario “Massoud l’afghan” di Christophe de Ponfilly

Nel 1996 Massoud fu costretto a tornare nella valle per combattere l’avanzata dei Talebani.

In quell’anno unì afgani di svariate fazioni e gruppi etnici, spesso in lotta tra loro, per combattere i Talebani, un gruppo estremista rifornito di armi, mercenari e appoggio economico dal Pakistan, Arabia Saudita e Stati Uniti.

https://www.independent.co.uk/news/world/anti-soviet-warrior-puts-his-army-on-the-road-to-peace-the-saudi-businessman-who-recruited-mujahedin-1465715.html

Come contro i sovietici, Massoud riuscì a liberare la valle afgana:

«In una sola giornata, con un duplice attacco, 1800 mujaheddin hanno spinto fuori dalla città — Teleqan — 8 mila talebani, inseguendoli poi lungo la strada verso Kunduz, a ovest. Più di cento talebani uccisi e 150 prigionieri»
Ettore Mo, giornalista (Corriere della Sera)

Massoud dimostrò anche grandi capacità amministrative e politiche organizzando nelle zone controllate scuole, cantieri stradali e ospedali, uno tra questi dell’ONG italiana Emergency.


Massoud iniziò a viaggiare in Europa per chiedere sostegno contro l’avanzata e l’estremismo dei talebani.

Nell’aprile del 2001 tenne un discorso al Parlamento Europeo. Denunciò il sostegno del Pakistan ai Talebani e aggiunse: “Non chiediamo e non abbiamo bisogno di truppe straniere, il popolo afgano è pronto a difendere la propria patria, ma naturalmente questa resistenza ha bisogno di supporto”.

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https://multimedia.europarl.europa.eu/es/ep-president-receives-ahmad-shah-massoud-in-strasbourg-press-conference_20010400_44_004_p#ssh

Le sue richieste non furono ascoltate:

  • Il 9 settembre 2001 Ahmad Shah Massoud viene ucciso.
  • 2 giorni dopo, ci fu l’attacco terroristico alle torri gemelle, ufficialmente ideato da Osama Bin Laden, nascosto dai Talebani.
  • 28 giorni dopo iniziò la guerra e l’occupazione statunitense in Afghanistan, contro i talebani e contro il terrorismo.

Come fate a non capire che se io lotto per fermare l’integralismo dei talebani, lotto anche per voi e per l’avvenire di tutti?

Ahmad Shah Massoud


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FONTI

http://www.zeit.de/reisen/201 https://www.repubblica.it/esteri/2013/07/09/foto/kabul_anni_60-62622520/1/#1 3-03/fs-afghanistan-bill-podlich-2

https://www.youtube.com/watch?v=UZzBwDxurxs&list=WL&index=56&t=0s

http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2016/10/06/news/afghanistan_il_bilancio_disastroso_di_15_anni-148244657/

https://www.youtube.com/watch?v=PMc61E1mfTs

https://www.youtube.com/watch?v=etVHdvMvOoM

https://www.independent.co.uk/news/world/anti-soviet-warrior-puts-his-army-on-the-road-to-peace-the-saudi-businessman-who-recruited-mujahedin-1465715.html

Documentario: Il tempo e la storia – Ahmad Shah Massoud, Rai 3 – non più disponibile

http://www.corriere.it/extra-per-voi/2016/09/08/ahmad-massud-l-eroe-afghano-massacrato-terroristi-due-giorni-prima-dell-11-settembre-1468b6a0-7501-11e6-86af-b14a891b9d65.shtml

https://www.youtube.com/watch?v=t78N6Q5VD60

http://watson.brown.edu/costsofwar/