L’ambiente, il petrolio e la chemiurgia

L’inizio del mondo moderno

Durante gli inizi degli anni Venti il ricercatore George Washington Carver creò più di 300 prodotti usando le arachidi come materia prima: insetticidi, olio lubrificante, colla, gas, inchiostro per stampanti, pannelli isolanti, vernici, sapone da bucato, medicine, cosmetici, bevande e alimenti a base di arachidi contribuirono notevolmente all’incremento economico del sud degli Stati Uniti.

Per la produzione di questi e tantissimi altri prodotti non c’era bisogno dell’uso di materiali sintetici o del petrolio, ma di una semplice pianta.

https://www.tuskegee.edu/support-tu/george-washington-carver/carver-peanut-products


C’è stato un periodo nel quale le piante non erano solo un prodotto alimentare. I vegetali rappresentavano una ricca materia prima per i prodotti più disparati: dai tessuti, al carburante, dai pannelli per l’edilizia, ai prodotti per la produzione cartaria e navale.

Agli inizi degli anni Venti William J. Hale, un chimico della Dow Chemical Co., lanciò un vasto movimento sociale denominato “Farm Chemurgic Movement” che aveva come obiettivo lo sviluppo e la diffusione dell’utilizzo delle materie agricole nella nascente industria statunitense.
Nel 1934 pubblicò il libro The Farm Chemurgic, dove suggeriva agli agricoltori di non concentrarsi solo sull’aspetto alimentare del loro lavoro, ma di produrre e vendere anche materie prime per altri scopi come cellulosa, amido, lignina.

Il movimento della Chemiurgia attrasse l’attenzione e l’interesse di molti uomini importanti, sia a livello politico, che a livello intellettuale. L’imprenditore Henry Ford, sostenuto dall’amico Thomas Edison, credette ed investì nella ricerca sulla Chemiurgia. Nel 1935 Ford finanziò i primi Convegni del National Farm Chemurgic Council ed istituì insieme ad Edison un centro di ricerca sui prodotti agricoli. Uno dei primi e più importanti programmi di studio fu quello riguardante soia e canapa.

Una decina di anni dopo, Henry Ford presentò la prima auto interamente composta da fibre di canapa ed alimentata con l’etanolo di canapa: la Hemp Body Car.

Ford presenta “Hemp Body Car”
Ricostruzione moderna della “Hemp Body Car”

Per produrre una macchina tradizionale bisogna emettere tonnallate di CO2. La canapa, essendo una pianta, trasforma la CO2 in ossigeno durante tutto il suo ciclo di vita.
Ad oggi si tratta ancora della vettura più ecologica mai prodotta sulla terra, il suo impatto ambientale era inferiore di due volte e mezzo rispetto ad una macchina elettrica odierna.


Erano stati svolti molteplici studi ed erano stati creati materiali, oggetti ed energia attraverso fonti rinnovabili, come le piante, con un impatto sulla Terra decisamente minore rispetto all’energia fossile. Oltretutto, i contadini non sarebbero stati solo produttori di cibo ma anche di materie prime e carburante.

Peccato che a rallentare la Chemiurgia ci si mise una guerra e tanto petrolio a basso costo. A cancellarla del tutto, invece, il proibizionismo della canapa, che vietava la coltivazione, il commercio e l’uso della pianta. Successivamente, l’iniziativa fu portata alle Nazioni Unite (clicca sul link e cerca con CTRL+f “Nazioni Unite”) dove fu promulgata la “Convenzione unica sugli stupefacenti”, portando, di fatto, in pochi anni alla proibizione della pianta in quasi tutto il globo.
http://www.federcanapa.it/wp-content/uploads/2016/07/convenzione-unica-sugli-stupefacenti.pdf

Oggi “chemiurgia” fa parte delle parole meno usate e conosciute. L’impiego delle piante in produzioni industriali è pressoché inesistente. Nel tanto abbiamo imparato ad usare esclusivamente i combustibili fossili come fonte di energia.
90 milioni di barili di petrolio vengono consumati tutti i giorni per soddisfare l’industria, il commercio e i bisogni degli esseri umani.
https://www.lifegate.it/persone/stile-di-vita/petrolio-nel-mondo

Per estrarre il petrolio vengono fatte delle perforazioni nella crosta terrestre e costruiti dei pozzi profondi fino a 6-8 km. Tutto questo su una piattaforma petrolifera.
Non poche volte sono avvenuti incidenti dove quantità enormi di petrolio e altre sostanze tossiche sono state riversate nelle acque degli oceani.

Il Golfo del Messico ne fu vittima il 2010, a causa di un’esplosione nella piattaforma Deepwater Horizon, gestita dalla British Petroleum.
Dopo 86 giorni dall’inizio dello sversamento di petrolio, la compagnia petrolifera dichiarò di essere riuscita a tappare la perdita del greggio, pur non essendo ancora sicura di quanto tempo avrebbe potuto resistere quest’ultima soluzione.

Secondo le stime della British Petroleum stessa, dopo 3 mesi dal disastro erano già stati riversati in mare tra i 3 e i 5 milioni di barili di petrolio, ovvero tra i 506 e gli 868 milioni di litri.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2011/04/20/disastro-bp-un-anno-dopo-spiagge-e-paludi-ancora-ricoperte-di-petrolio/105690/

https://www.repubblica.it/ambiente/2010/07/15/news/golfo_del_messico_perdita_fermata_la_prima_volta_da_aprile-5616936/?ref=HRER1-1

Persone fisiche responsabili di questo disastro non ce ne sono.
L’unica imputata per questa tragedia è la persona giuridica e poco tangibile “British Petroleum”, colpevole di undici capi di accusa. Colpevole di non aver rispettato le norme del “Clean Water Act”, di ostruzione al Congresso e responsabile della morte di 11 persone addette alla piattaforma.

Dovranno espiare le loro colpe con una pena pecuniaria. Finita quella, potranno continuare impuniti ad estrarre greggio dal nostro pianeta.